Sant’Afra

Sant'Afra_Interno.01La chiesa di sant’Afra in sant’Eufemia fu così intitolata dopo la seconda guerra mondiale, quando, in seguito alla distruzione della chiesa in via Crispi, la parrocchia di sant’Afra fu spostata nella vicina chiesa di sant’Eufemia.

L’edificio, ubicato in corso Magenta, accanto a piazzale Arnaldo, è il frutto della ricostruzione avvenuta nella seconda metà del Settecento. Nonostante tutto, sono ancora visibili elementi strutturali e intonaci più antichi che riportano la datazione storica fino al XII secolo. Sull’area attuale della chiesa, ma con minore dimensione, sorgeva la chiesa degli Umiliati di Contegnaga e sul fianco meridionale si trovava la loro casa (Fè D’Ostiani, 1895). L’Ordine degli Umilianti sorse come movimento evangelico di perfetta vita cristiana tra i lavoratori della lana dei sobborghi delle città lombarde, tra il 1170 e il 1178. Riconciliato con la Chiesa, l’Ordine si diede alla vita monastica laicale e operaia abitando case attigue alle chiese. Brognoli, nel 1826, riporta che nel 1251 la chiesa e il locale adiacente rimasero vacanti per la soppressione degli Umiliati, e che a loro subentrarono i monaci Benedettini di Montecassino del vicino monastero titolato prima a san Paterio, sedicesimo vescovo di Brescia che qui fu sepolto nel 1478, e poi a sant’Eufemia. La Santa era una vergine consacrata a Dio. Durante la persecuzione di Diocleziano, le furono spezzati i denti con un martello e quindi fu gettata sul rogo. Forse sotto sant’Ambrogio, le sue reliquie furono traslate a Molano. Il primo utilizzo fu come ospizio. La guerra contro la corte viscontea, nel XV secolo, danneggiò il monastero, costringendo i monaci a riparare nella vecchia casa degli Umiliati. Grazie a un provvedimento favorevole del comune, dal 1463 al 1468 venne ricostruita la chiesa, probabilmente sopra quella degli Umiliati. Le antiche guide di Brescia riportano gli interventi settecenteschi che vedono intorno alla metà del secolo la costruzione della nuova chiesa su disegno dell’architetto Domenico Carboni (1727-1768). Il cantiere della fabbrica è ancora aperto nella seconda metà del secolo: al 1776 risale infatti il rinnovo del presbiterio, del coro e dell’altare maggiore per opera del confratello e abate Piero Faita. Terminata la fabbrica, la chiesa venne affrescata da pittori quali Sante Cattaneo, Pietro Ferrari, Antonio Grassi, Carlo Carloni, Antonio Mazza. Furono realizzate le architetture degli altari per i quali vennero adattati dipinti più antichi e commissionati di nuovi. Dopo il trasferimento dei monaci nel vicino monastero di san Faustino Maggiore e la definitiva soppressione dell’Ordine (1797), la chiesa fu dichiarata sussidiaria della parrocchia di sant’Afra con decreto napoleonico dell’8 giugno 1805; al rettore del culto venne inoltre assegnata una piccola parte del monastero, trasformato in sede di caserma, con conseguente degrado, documentato già dal 1826 (Brognoli) degli affreschi del chiostro, attribuiti al Gambara. Dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale e la distruzione di sant’Afra (attuale santuario di sant’Angela Merici), passò a parrocchia con il curioso titolo di sant’Afra in sant’Eufemia, e nella chiesa confluirono dipinti e suppellettili della vecchia parrocchiale bombardata.

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La facciata

Opera di Domenico Carboni, architetto responsabile del cantiere per la nuova fabbrica, presenta sopra uno scudo del timpano del portale maggiore l’iscrizione: D.O.M. IN HON. S. EUPHEMIAE V. ET/M. MONACHI CASINENSES D.D. AN. MDCCLXXVI.

Raffinato esempio di passaggio fra l’ultimo barocco e un incipiente classicismo, interamente di marmo di Botticino, è coronata da un timpano triangolare e suddivisa orizzontalmente in due ordini da una forte trabeazione, verticalmente da piatte lesene con alto basamento. L’ordine inferiore presenta al centro un portale architravato con timpano curvilineo, ai lati due porte minori rettangolari. L’ordine superiore vede al centro un finestrone rettangolare con timpano sagomato decorato a rilievo con ornati; ai lati il motivo rinascimentale della girali derivato da influssi romani.

 

Sant'Afra_Interno_CartinaL’interno

La costruzione longitudinale presenta un’unica ampia navata coperta da tre vele divise da arconi; ai lati sei profonde cappelle laterali, cupola con lanterna elevata alla crociera su archi e pennacchi, un coro rettangolare sopraelevato e coperto da una volta a botte. Le pareti sono scandite da lesene marmoree con scanalature, capitello corinzio e alto basamento che sorreggono l’architrave decorato in stucco ad alto rilievo con motivi fitomorfi e figure. La chiesa fu interamente affrescata nel Settecento.

 

[1] Affreschi della navata: decorano le vele della volta motivi architettonici e ornati di Pietro Ferrari (1735-1787) e Antonio Grassi (1776); medaglioni di Sante Cattaneo (1739-1819) rappresentanti san Paterio, Maria che ascende al cielo; Gloria dei Santi Benedetto, Mauro e Scolastica. Nelle cappelle ornati e fregi di Saverio Gandini (1768). In controfacciata, ai lati del finestrone centrale sono dipinti i Santi Pietro e Paolo di Sante Cattaneo.

[2] Affreschi del transetto: sulle pareti del transetto si trovano dipinti a monocromo ocrato di Sante Cattaneo rappresentanti I quattro profeti. Antonio Mazza (1760) per le quadrature e Carlo Carloni (1686-1775) per la parte figurata realizzano La discesa dello Spirito Santo nella cupola, I quattro evangelisti dei pennacchi, le coppie di santi Benedetto e Paterio, Mauro e Agostino ai lati delle finestre.

[3] Affreschi del coro: sempre del Mazza e del Carloni Sant’Eufemia che sale in cielo accolta da Cristo benedicente nella volta del coro, Le virtù teologali a monocromo giallo sulla parete di fondo. Lavoro della seconda metà del secolo, la volta di gusto rococò è caratterizzata da forme dinamiche, spazi atmosferici dilatati, tinte chiare luminose, che richiamano l’opera del Ricci. Opera del manierista bresciano Camillo Rama (1586-1627) sono i quattro grandi riquadri rappresentanti Eufemia condotta davanti al giudice, Fustigazione della Santa, La santa incolume sotto la tortura della ruota che si infrange, la Santa morta in prigione. Dello stesso autore i Quattro evangelisti dentro finte nicchie. Il Rama è un tardo manierista bresciano formatosi secondo gli insegnamenti della scuola veneta, bene assimilati nella dimensione teatrale della composizione e nei toni cangianti della gamma cromatica, mentre si nota una forte espressività dei volti di derivazione lombarda. In controfacciata e sulle pareti del presbiterio sono collocate le tele Cena in casa di Simon Fariseo di Camillo Rama (1622), i Santi Faustino e Giovita di Jacopo Palma il Giovane (1544-1628). Gli altari presentano una tipologia stilistica propria della seconda metà del XVII secolo e possono essere ricondotti per il disegno a Carboni, architetto della chiesa.

[4] Altare di san Paterio: tela di Camillo Rama raffigurante San Gregorio Magno consacra san Paterio (1750)

[5] Altare dell’Epifania: tela di Pietro Moro con L’adorazione dei Magi (1790)

[6] Altare di san Mauro: tela di Pompeo Ghitti (1631-1704) San Mauro risana gli infermi

[7] Altare Maggiore: tela attribuita a Enea Salmeggia detto Talpino (1546-1626), con Sante Caterina, Teresa, Maddalena, Lucia, Cecilia, Eufemia. In origine era posta la tela Madonna con Bambino e san Giovanni tra i santi Benedetto, aterio, Eufemia e Giustina, ora nella Pinacoteca Tosio Martinengo

[8] Altare dei santi Benedetto e Scolastica: tela con i Santi Benedetto e Scolastica di Sante Cattaneo

 [9] Altare del Santissimo Sacramento: tela di Sante Cattaneo Cristo distribuisce l’Eucaristia

[10] Altare di sant’Afra: tela di Paolo Caliari detto Il Veronese (1528-1588) e bottega, raffigurante il Martirio di sant’Afra. Opera tardiva del Veronese, presenta la collaborazione della bottega e in particolare del figlio Carletto. Al maestro è riconducibile per analogia stilistica il gruppo della santa e del suo carnefice. L’opera, di chiara appartenenza alla scuola veneta per l’ampia gamma cromatica, mostra una rappresentazione di gusto teatrale definita da una raffinata e minuziosa descrizione dei particolari. E’ presenta l’iscrizione PAOLO CALIARI V[erones]E F[ecit]. Proviene dalla chiesa di sant’Afra, ora santuario dei sant’Angela Merici.

[11] Altare della Natività: tempera su tela del XV-XVI secolo raffigurante La Natività di Gesù.

[12] Cripta: “Scorre entro le vede un sacro orrore nel mettere il piede in questo tempio d’antica struttura con quel vasto sotterraneo sotto il coro”. Così l’Averoldo nel 1700 inizia la descrizione della chiesa più antica e in particolare dell’aula sotterranea o cripta. Non soggetta a modifiche di rilievo nell’intervento settecentesco, presenta una struttura a tre navatelle coperte a crociera e ampia sagrestia. Rimangono lacerti di intonaco affrescato del XV e XVI secolo tra i quali spicca un Cristo morto di scuola mantegnasca datato 1468 e una Madonna orante attribuita a Vincenzo Civerchio (1470-1511) lungo lo scalone d’ingresso.

Sant'Afra_SagrestiaSagrestia

Costruzione di epoca rinascimentale, mantenuta tale nella ricostruzione del XVIII secolo, con cappella ad abside poligonale e volte a crociera affrescate a monocromo dalla scuola di Lattanzio Gambara (1530-1574) con soggetti dell’Antico Testamento e decorazioni a grottesca. La decorazione degli armadi rimanda a una fattura bresciana del XVII secolo come gli stalli lignei del coro.

 

 

 

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